Povera Italia

Si aggira intimorito tra gli alti scaffali della libreria, ma non osa toccare nemmeno un volume.  Talvolta solleva la scoppola marrone per detergere quel fastidioso rivolo di sudore che scende dal monte della pelata fino a sfociare nel mare della fronte, scura e rugosa. Le ultime novità editoriali ammiccano maliziosamente, vestite da fascette sgargianti che, coprendo titoli vergognosi,  incoronano le copertine patinate come rivelazioni dell’anno. 

Lui si ferma un istante e i suoi occhi si fanno fessure mentre faticano a mettere a fuoco titoli e autori. Sembra che stia aspettando che uno dei volumi, quello che sta cercando con tanta insistenza, si alzi da quel tavolo al centro della libreria e magicamente, spiegando le pagine alate, voli fino nelle sue mani. Invece i best sellers restano comodamente distesi e indifferenti, rilassandosi sotto il freddo sole dei neon. Passa accanto a lui una commessa con grossi occhiali neri e il tipo, ormai completamente naufragato nel mare ostile della cultura, la blocca per un braccio. Lei ha un sussulto di fastidio e  guarda dall’alto del suo metro e ottanta quell’ometto che sembra uscito da ‘Brutti, Sporchi e Cattivi’ di Ettore Scola.

“Dica”, esordisce con finta gentilezza la ragazza, divincolando il braccio da quella manona a palanca che ancora non l’ha mollata.

“Scusimi signurì”, fa lui con improponibile accento proveniente da una località imprecisata, a metà strada fra almeno 3 regioni, “Addò sta la Costituzione? Pè la mi fija che studia al liceo”.

“Reparto di diritto, terzo corridoio a destra, ultimo scaffale, quarto volume a partire da sinistra.” replica pronta la watussa occhialuta, sfoggiando la sua meticolosa conoscenza del luogo di lavoro.

L’omino strabuzza gli occhi e balbetta qualcosa, così la spazientita commessa si muove a compassione e, con due passi appena, si spinge nel luogo designato e torna con quel pezzo di Storia d’Italia nelle mani, tenendolo con una certa reverenza.

Lui lo afferra scettico e apre la prima pagina, con atteggiamento di chi la sa lunga. Poi, con un ghigno sarcastico, guarda dritto negli occhialoni di lei, intimandole: “Sendi oh, ma che me voi fregà? Questa non è l’ultima edizione, vedi? Qua c’è scritto 1948. Io voglio l’ultima uscita, che sennò chi la sente a mi fija?”.

La malcapitata ha un mancamento. Si sistema le lenti spesse sul naso e prova a cercare la frase giusta da dire all’infelice piantato di fronte a lei. Alla fine prende coraggio e indossa uno smagliante sorriso alla customer care: “Mi dispiace, qui abbiamo solo questo. Provi alla Mondadori”. E fugge nel reparto di Filosofia, cercando sollievo tra Hegel e Kant.

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