Ragazze di vita

VM- Attenzione! Questo post contiene linguaggio scurrile e argomenti scottanti, che potrebbero urtare la suscettibilità di mamme pancine, adolescenti, padri di figlie femmine, persone facilmente impressionabili, soggetti particolarmente sensibili o particolarmente religiose. Se appartieni a una di queste categorie, leggi a tuo rischio e pericolo. 

Stazione Termini deserta. Il naso rosso di Italotreno sembra un clown che mi prende amabilmente in giro. Lo sento, mi sta dicendo: “Ti fai ‘ste 24 ore di fugone eh? Ma non saranno troppe? Scappi da tuo figlio quasi treenne in piena crisi di crescita, dal tuo povero compagno che se lo deve sorbire da solo? Ma chi ti credi di essere, quella ragazzetta ventenne acqua e sapone con i piedini nelle Flip flop rosa che sgambetta davanti a te per raggiungere il vagone? Tu hai delle responsabilità, una missione educativa da portare avanti, una casa a cui badare, pensi che puoi comportarti come…”

A Italo, ma fatti i cazzi tuoi. Che quando prendevo il treno per raggiungere le mie amiche in giro per l’Italia tu nemmeno esistevi. Dopo una gravidanza, un parto difficile, l’esistenza completamente rivoluzionata e due lockdown, potrò rivivere l’ebrezza di prendere un treno completamente sola e raggiungere la mia amica a Firenze, come facevo a vent’anni? Ecco, quindi zitto e parti, che sei in ritardo di 5 minuti, e io ho solo un giorno di libertà.

Mentre mi compiaccio dell’assoluto silenzio in un vagone mezzo vuoto, ecco che si sente una voce femminile ansimare in modo eccessivamente equivoco. Si avverte un disagio elettrico e curioso, ma nessuno osa girarsi per vedere se si sta consumando un improvviso amplesso nel vagone. 

Quando l’ansimo entra in scena, scopro che appartiene ad una ragazzetta in shorts e canottiera di cotone, capelli rossicci legati alla meno peggio, zero trucco. Guarda un po’, è insieme alla ventenne con le Flip flop rosa, anche lei decisamente con un’aria dimessa e sciatta. I pochi maschi che popolano la carrozza economy tornano delusi al loro cellulare, forse si aspettavano una pornostar

La rossa sprofonda nel sedile speculare al mio, gridando: “Sì, ce l’ho fatta! L’ho preso…il treno” E ridono, bisbigliando qualcosa con fare malizioso.

Mi rovineranno il viaggio con i loro discorsi naif da ventenni, è certo. Avrei voluto il caro, vecchio silenzio, che non so più che suono abbia. La voce dell’altoparlante copre per un attimo le voci delle due pischelle che non smettono di parlare. Colgo, tra le indicazioni sulla sicurezza, parole chiave come Instagram, followers, video, soldi. Solite chiacchiere social. Quando la parola “dominatrice” esce dalla mascherina chirurgica della rossa, il treno è partito e ascolta in religioso silenzio. 

“Il video-sadomaso lo dovevamo postare a settembre”, sentenzia la Redhead, “adesso è tutto fermo. Troppe poche views.”

L’altra annuisce pensierosa, girandosi con un dito i lunghi capelli castani, chiedendo consigli su come ottimizzare il suo business appena nato. 

“Beh -risponde la navigata roscioriccetta-, dovresti trovare delle collab, magari con qualcuna già famosa. Hai provato a chiedere a Valentina Nappi? Ti dò il numero se vuoi”. 

“Ci stai pensando pure tu, di buttarti nel business?” Mi sfotte Italotreno, intromettendosi nei  miei pensieri.

Sono vecchia per queste cose, Italo. E poi sempre che ti devi fare gli affari tuoi, zitto e fammi sentire.

Italo allora continua a sfrecciare tra campi verdi ed io apprendo una quantità infinita di dettagli fondamentali sul lavoro delle due ventenni: come scegliere i propri partner, come fidelizzare il pubblico, lunghezza e contenuto dei video, strategie per non farsi bannare ma, soprattutto, l’annosa questione del “metterci la faccia”. La bruna pensa al futuro, e  dice che sta studiando Beni Cul-turali e che, sperando lei di lavorare un giorno al Vaticano, mostrare il proprio viso potrebbe danneggiarla. 

“E non lo so mica…”, penso io. 

L’altra, vera businesswoman, consiglia di non farlo, non per una questione di riconoscibilità, piuttosto per alimentare il mistero e le fantasie. E, aggiunge, per cambiare profilo senza avere problemi di sorta

Il tipo cicciottello e pelatino nel sedile di fronte alle due ogni tanto prova a girarsi, con la scusa di sistemare qualcosa nello zaino del sedile accanto, e butta l’occhio.

Chissà se ha riconosciuto le due star, se sta pensando di chiedere il loro contatto Instagram o se vuole scritturarle per una parte nel suo nuovo film. Delle tre, una sicuro è vera.

Dopo che la roscia racconta divertita di quando il padre l’ha scoperta e se ne è andato di casa per la vergogna, poco prima dello scoppio della pandemia, il discorso si fa personale. Iniziano i racconti dei ragazzi con cui sono state, (quello mi piace quello no, quello è bravo quello no) ma con poco entusiasmo, come se le questioni reali sentimental-sessuali non avessero troppa importanza. Perché, in fondo -dice la mora dai capelli lunghi- a me scopare non mi piace. 

Colpo di scena,  rivelazione suprema che apre tutto l’ aspetto psicologico della questione che le due non hanno però il tempo di indagare. 

“Piuttosto, -continua la brunetta, rinfilandosi le Flip Flop rosa rimaste sotto il sedile- parliamo del film che giriamo oggi a Firenze: il produttore è Damiano? Quello che chiede cose assurde?” 

“Sì” risponde distratta la rossa, “e ci prova sempre dopo le riprese. Che mancanza di professionalità!

“Senti ma…ci fa fare anche l’ARROSTO?”, chiede l’altra con un velo di preoccupazione nella voce.

E lì, alle porte di Firenze, il cicciottello di fronte a loro si alza tremando, forse in preda ad un attacco di panico. Loro non se ne accorgono affatto. Forse lui sta sognando ad occhi aperti di partecipare a questa pratica, a me sconosciuta, forse gli passano davanti le immagini delle domeniche d’infanzia, quando la nonna avvolgeva strette di spago le carni rosa di un pezzo di vitello, con mani abili e sapienti, prima di procedere ad una lenta cottura. 

Pure l’arrosto gli toccherà fare alle due povere ragazze, in questo agosto hot.

Bologna d’ Estate.

In agosto a Bologna i piccioni volano bassi. Sfiorano le teste dei pochi, sparuti turisti con una baldanza tutta loro. I portici sono completamente spogliati dalle migliaia di studenti che popolano la città durante l’anno accademico ma la loro presenza trasuda sui muri, negli archi, sui sampietrini che ne mostrano fieramente tracce indelebili. 

La famiglia bucatini, con le braccia nude che ostentano il vizio, una magrezza paurosa e tatuaggi fai da te, mi precede su via Zamboni, dove si aggirano solo spacciatori in borghese e una manciata di studenti nostalgici e annoiati. Papà Bucatino, con la voce nasale e stentata si ferma in un angolo e fa il suo dovere. Lei lo aspetta grattandosi, e credo di vedere nei suoi occhi un guizzo di luce mentre li lancia sui palazzi maestosi e sulla piazza, poco più in là, fatta di gente con la birra in mano e musica.

Mi fermo davanti al Dams. Un murale colorato esulta ed io mi chiedo perchè, perchè non ho fatto l’università qui. Alma Mater, si chiama. Chiamo mio padre per dirglielo e lui risponde sicuro: “Non te l’avrei mai pagata. Avresti fatto la vita, mica studiato”.

Fun, Cool, Oh! penso, citando l’insegna di un locale del centro. Ma ha ragione. Però avrei conosciuto Umberto Eco, magari, e il suo pupillo Enrico Brizzi, che ha scritto uno dei romanzi preferiti della mia prima giovinezza. 

Molto vicino a Piazza Maggiore c’è un portico con dipinta, sulla volta, una frase che rassicura su una protezione stupefacente e, sentendomi quasi annebbiata da tanta arte rivolgo lo sguardo a sinistra, dove svetta uno splendido edificio liberty che ospita il paradiso delle Shopping-addicted spiantate, come me. Blatero allora cose sull’edificio mentre mi dirigo verso le due lettere rosse capitali, H e M, inventando nomi di architetti famosi, ed è a questo punto che vengo minacciata dal mio compagno di viaggio, che ha capito tutto. Ho solo 10 minuti, dice. Basteranno per un paio d’occhiali nuovi, ma mi accontento.

canabis

Girovago ancora per respirare l’anima di questa città, e mi sembra un regalo inaspettato il fatto di poterla vedere beatamente dormiente, senza la vita frenetica che ne calpesti le strade e i luoghi nascosti. Qui puoi affacciarti da una finestra e sentirti a Venezia, appoggiare l’orecchio su una colonna e sentire quello che bisbiglia qualcuno dalla colonna opposta. Qui, ora, c’è la mostra di David Bowie, e c’è chi si fa il bagno in mutande nella fontana del Mambo. E i teatri, i personaggi del film Paz! che sbucano inaspettati da un vicolo, talvolta, mi portano indietro nel tempo, a ricordarmi chi sono.

Quasi, mi riconosco, qui.

L’ammiratore segreto


Sulla riva di Roseto degli Abruzzi, mi alzo sulle punte per cercare di scorgere qualche barlume di Croazia, dall’altra parte del mare, lasciata pochi giorni fa. Niente.

“Ma che fai?”, mi chiedono le mie amiche alte, fighe e con le tette grandi. Sorvolo sui miei pensieri e propongo un bell’aperitivo al bar del lido, per sfangare i 30 gradi con umidità al 90%. 

Prima ancora di ordinare, ci arrivano 3 bicchieri pieni di arancione e ghiaccio. Spritz, I suppose. Continua a leggere

Non ti vedrò mai più perchè ti ammazzerò

Lo sapevo che non gli dovevo rivolgere la parola, a questo principiante della Ryanair. Voglio solo finire quel genio di Bukowski in pace, per questo mi limito a centellinati sorrisi di circostanza. Ma quel rachitichello over 40 niente, continua a sperare di fare colpo raccontandomi di Londra.

Quando batte le mani al suono della tromba che esulta l’atterraggio in anticipo, lo sto quasi per insultare, ma mi trattengo perché in fondo mi fa pena. Strategicamente, allora, ma solo per farmi tirare giù la valigia sovrappeso, gli dico due sillabe a caso e quello attacca con fare orgoglioso che è stato un giorno e mezzo in vacanza, per la prima volta nella sua vita, a L’ Ondra. Pivello.

Ma il punto più alto lo raggiunge al controllo passaporti quando, col sopracciglio alzato e una presunta aria sexy, mi fa: “Comunque tu sei uguale a Laura Pausini, lo sai, sì?”. Faccio un respiro profondo, gli occhi a fessura e rispondo: “Ah. Quindi sono un cesso”. E me ne vado, senza neanche ucciderlo.

 
Nota: Il titolo di questo post è tratto da Pulp, Charles Bukowski, ed.Feltrinelli, 2003, pag. 122
 

 

 

 

 

Il barcone verso le Egadi

La traversata ha inizio. Il barcone che avanza tra i flutti placidi del mare blu è colmo di turisti over 70 stravaccati su spartane panche di legno, terroni e polentoni insieme, pronti a scoprire le bellezze delle isole Egadi. Spiccano nel mucchio selvaggio la madre russa con il viso paonazzo dal sole e le due figlie adolescenti in carne dall’espressione distante, la famiglia olandese, sperduta, che mi ha adottato come interprete ufficiale e la famiglia nordica padre-padre + 2 figli che assomigliano a Billy Elliot.  Continua a leggere

Marsala arrivederci

Il bambino ci scruta in silenzio con i suoi grandissimi occhi, neri come i piedini inciabattati negli infradito rossi, stretto in una maglietta che recita un inno alla sua squadra del cuore.
Marco ed io gli gettiamo sguardi incuriositi mentre scegliamo dei vini nello scaffale del supermercato di Marsala, con la lentezza di chi prova a ritardare l’inevitabile fine di una vacanza. Gli chiediamo se è un sommelier e lui, timido, scuote la testa, ma resta lì, non si muove.
Alla fine trova il coraggio e chiede: “Me lo compri un panino con la mortadella?”. Si chiama Damian e mi confida, con candido accento siciliano,  Continua a leggere

Napoli

Pulcinella sul lungomare saluta il Babbo Natale nero con la barba mezza calata, che si fa strada tra la folla di turisti venuti a godersi il sole di una domenica partenopea. Con Castel dell’Ovo alle spalle, guardo Mergellina in lontananza pensando che non ho fatto in tempo a visitarla. Ai quartieri spagnoli però ci sono stata, con il loro tripudio di colori e di panni stesi alle finestre. Le statuine di Spaccanapoli, il profumo onnipresente di dolci e del caffè, che non è quella brodaglia nera che esce tutte le mattine dalla mia caffettiera, i milioni di chiese barocche, Continua a leggere

Artena

Mentre scendiamo le gradinate lucide di cera, ci arrivano da un cortile le voci di un gruppo di ragazzini che squarciano il silenzio intatto di Artena nel tardo pomeriggio. Il cortile si affaccia proprio su Palazzo Borghese, imponente edificio in rovina dall’aria abbandonata, con le finestre aperte sul vuoto. Soltanto una, dalla quale fanno capolino delle piantine verdi in vasi colorati, testimonia una misteriosa presenza. I ragazzi parlano Continua a leggere